L’UOMO SCALZO Oggi nevica e l’uomo scalzo non se ne accorge, sale la strada per la collina vestito di bianco come la neve. Ai piedi solo il cuoio della sua pelle, una pelle ruvida. Oggi sono sbocciati i primi ciliegi, l’uomo scalzo non se ne accorge, sale il vicolo della funicolare vestito di bianco come i petali sparsi dei ciliegi. Ai piedi solo il cuoio della sua pelle, la pelle dura. Oggi il sole illumina e scotta, l’uomo scalzo non se ne accorge, cammina lungo le mura del paesello vestito di bianco come la pelle appartata dal forte sole. Ai piedi solo il cuoio della sua pelle arsa. Oggi la prima foglia del platano è scesa, l’uomo scalzo non se ne accorge, cammina e s’inoltra nel bosco vestito di giallo come le foglie d’autunno. Ai piedi solo il cuoio della sua pelle ormai matura.
La lontananza balla un tango avvelenato, lontani i nostri corpi riprendono passione. Pensieri amorosi in due occhi accesi attratti in vortici mai sognati, un tango senza fine passi lontani per riprendersi in pensieri ardenti impensabili mirando lì di desideri mai svaniti. La lontananza un lago ghiacciato, assenza di visi scivolati in acque gelide, all’incontro con bollente scrosciare di acque infinite, io annegata nelle tue caldi braccia in un tango solo nostro.
Lei cinguettava cip e ciop in ogni frase. Lui l’ascoltava, anche se non la capiva sempre. Era così talmente bello, salire di nascosto sulla loro grande quercia, ascoltarsi e sentirsi per intere ore, che dimenticavano di vivere come gli altri.
E’ COSI’ Come faceva a sapere tutto, lei sentiva e sapeva, sapeva sempre tutto e lo sapeva, come suo padre, sentiva tutto mentre le stava anche solo accanto seduto, e nel silenzio capiva, lui sapeva e sentiva cosa pensava lei… E’così che poteva capire, sapeva e basta, non le serviva una parola un libro, uno sguardo, non le serviva nulla delle cose terrene, lei sentiva e quindi sapeva, l’aurea simbiotica avvolgeva ogni minimo movimento, ogni mimino pensiero e sentimento, sapevano insieme e stavano bene, l’uno accanto semplicemente così come ora sono con te, senza parola e senza passi anche lievi una calma dentro il mondo, il suono dell’amore per sempre, il rumore del sentiero che si percorre, tra fiori e foglie , il rumore dell’altro, lei sapeva come stare bene e non voleva finisse mai. E’così.
SE NON TI DIMENTICO E rimani ancora qua, tra le mie cose, e se sfogliando un quaderno rivedo le tue parole, se guardando il cielo, ti rivedo con lo sguardo sorridermi da lassù, dirmi ancora ciao, se a camminare mi sei accanto, se mi spoglio la sera, e rivedo il tuo sorriso, allora vuol dire che sei ancora qua a me vicino e mi basta quella tua vocina.
IL DONO PIU’ BELLO Oh caldo Natale, ho trovato due more brillanti nei tuoi occhi e le mie gote color fragola sono maturate, maturate all’improvviso. Oh caldo Natale.
Io vivere vorrei addormentato entro il dolce rumore della vita. Sandro Penna
Chédigny, mon amour
Mai avrei immaginato un giorno di percorrere le strade di questo paesino che sembra, disegnato da un pittore, utilizzando colori e pennello.
Per caso, qualche anno fa, avevo visto una foto del libro che narra la storia di questo luogo unico al mondo. Il libro, reperibile esclusivamente in lingua francese, l’ho potuto comperare in una vecchia libreria del villaggio.
Chedigny e’ un comune francese di circa seicento abitanti situato nella Valle della Loira a tre ore di auto da Parigi.
E’ l’unico villaggio della Francia ad essere classificato come giardino notevole.
Di certo Chedigny non è un giardino come tanti altri, e’ un villaggio giardino.
Il tutto nasce da un’idea di Pierre Louault, ex sindaco del paese, e di sua moglie, appassionata di rose e giardini. Decidono di contattare alcuni rodologi per rendere il paese più accogliente e attraente per le persone. Fanno piantare circa 800 rose e 3000 piante…
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